Cenno Storico dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara
continua “capo V”
Concentrazione degli Istituti Pii
Cenno Storico dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara
continua “capo V”
Concentrazione degli Istituti Pii
Tante pie instituzioni, le une divergenti dalle altre, non danno mezza quella pubblica beneficenza che si ottiene dove tutte collimino ad un centro. Rovesciatisi dalla repubblica francese gli antichi reggimenti politici di assai contrade, correvano tempi di generali riforme; e perciò con decreto del ventotto brumaio dell’anno nono (19 novembre 1800) fu ordinata la concentrazione di tutte le pie instituzioni, eccetto quelle soltanto di privato giuspadronato, sotto una sola amministrazione chiamata Commissione centrale delle pie instituzioni. Questa pertanto reggeva l’andamento dell’Ospedale; e così cessava l’antica pia Amministrazione stabilita da Sisto Quarto. La Commissione centrale delle pie instituzioni componevasi del Prefetto del Dipartimento, del Vescovo, del Presidente della Corte d’appello, e dove questa non esisteva, dal Presidente della Corte di Giustizia civile e criminale, del Podestà e di vari altri individui, che erano nominati dal Vicerè dietro proposizione del Ministro pel culto, e scelti fra i proprietari, commercianti, uomini di legge più distinti della città. I membri della Commissione non dovevano essere più di quindici, né meno di nove: Il nuovo provvedimento era tanto saggio, che Carlo Emanuele Terzo fino dall’anno mille settecento settantonove, quando instituì una Congregazione di carità per tutte le pie instituzioni della città e della provincia, sotto la cui direzione trovavasi quindi l’Amministrazione dell’Ospedale, scriveva queste parole, accennando all’ampliazione della fabbrica dell’Ospedale ed al ricovero di maggior numero d’infermi: le quali cose tanto più facilmente saranno per riuscire quando venga al detto Ospedale aggregato colle sue entrate quello di San Giuliano, e vi si uniscano le opere pie di San Giuseppe e della Ministeria (de poveri) ed altre simili che anzi la concentrazione delle pie instituzioni era già stata da quel Re stesso ordinata per la città di Vigevano con biglietto del ventidue di luglio dell’anno mille settecento sessantotto alla commissione delle pie instituzioni sottentrò nell’anno mille ottocento otto da congregazione di Carità quando gli oggetti di beneficenza passarono nelle attribuzioni del Ministro dell’Interno. Della Congregazione erano membri nati il Prefetto del dipartimento, il Vescovo ed il Podestà. Altri dieci individui ne facevano parte nei comuni che eccedevano cinquantamila abitanti, e venivano nominati dal Re: pei Comuni che contavano minor popolazione gli altri membri non dovevano essere più di sei né meno di quattro; e venivano eletti dal Podestà. Per decreto del giorno ventotto dicembre mille ottocento dodici i membri della Congregazione di Carità duravano tre anni in ufficio e venivano rinnovati ogni anno per un terzo; non però che compiuti i tre anni d’ufficio non vi potessero essere rieletti.
Le instituzioni concentrate erano questo erette in Novara:
bullet Ospedale della Carità
bullet Ospedale San Giuliano
bullet Ospizio de Pellegrini, che instituito con testamento del venticinque settembre mille seicento trenta dal Patrizio Novarese Don Ottavio Nazari nella casa di sua abitazione . Venne fino dall’anno mille settecento quarantatrè rilasciato dalla congregazione degli esecutori testamentari del pio institutore all’Ospedale della Carità col suo censo di centotrentunomila e quattrocento ottantasette lire.
Monte di Pietà
Opera Pia di San Giuseppe
Opera pia Tornielli
Opera pia Borromeo
Opera pia Baldi
Opera pia Sausati
Opera pia Borella
Opera pia Pallavicini
Opera pia del B. V. del Riscatto.
Monastero, poi soppresso delle convertite.
Ministrerie de Poveri
Opera pia Ferrari: eretta in Lumellogno.
Opera pia Bonenti: eretta in Carpignano.
Ritiro delle Rosine; eretto nel sobborgo di Sant’Andrea, che dipendeva dapprima con altre pie case del Piemonte da una signora, la quale risiedeva nella casa di Torino direttrice generale in nome del Re di Sardegna.
Ma gli amministratori dell’Ospedale di San Giuliano gridavano con quanti voci avevano in gola contro il decreto della concentrazione; mettevano in capo l’esclusivo giuspadronato del corpo de calzolaj, che pretendevano fondatori di quel ospedale e mostravano per questo dover essere il medesimo lasciato stare secondo il decreto stesso: per lo chè fino all’anno mille ottocento nove si vedeva tuttavia da magistrati se cadesse, o no, nella concentrazione dal governo voluta. Fu il dì ventidue dell’ottobre mille ottocento dieci che il Ministro dell’Interno annunziò alla congregazione di Carità decisa alla concentrazione dell’Ospedale di San Giuliano; la quale sortì effetto il giorno sette di novembre di quell’anno, come venne notificato dalla Congregazione stessa al Prefetto del Dipartimento della Gogna. Di fatto in tal giorno si trasportavano dall’Ospedale di San Giuliano in quello della Carità gli ammalati che vi erano. Non teneva in quel tempo l’Ospedale di San Giuliano che sedici letti; quattro pè maschi, dodici per le femmine. Ora è mestiere osservare il dissesto del censo dell’Ospedale della Carità così concentrato: e prima giova vedere come incominciasse quel pio instituto a sbilanciarsi negli ultimi momenti della Monarchia Sarda sul finire dello scorso secolo. Questa, allora quando si vide la Francia repubblicana addosso non sapeva più dove far danaro per osteggiarla; e colle patenti del diciannove di giugno e del dieci di luglio mille settecento novantacinque ordinò la vendita di beni immobili appartenenti alle pie instituzioni meramente laicali.
L’amministrazione dell’Ospedale si era adoperata invano a dimostrare che i possedimenti di questo volevano essere riguardati di natura ecclesiastica, e perché da tempi remotissimi erano esenti dalle tasse a tal riguardo, e perché vi si ingerivano i Vescovi di una volta, e per altri argomenti, che le fu forza ne vendesse la sesta parte de fondi, e così le tenute di Gionzana, San Pietro Mosezzo, Terdobbiate, Tornaco e Suno, per il prezzo di lire milanesi cinquecento diciassette mila e cinquecento quarantasei.
Vero e che queste furono inscritte sul monte di San Giovanni di Torino ma le loro rendite tanto considerato il capitale in riguardo del giusto prezzo de fondi, quanto della qualità della moneta con la quale venivano pagate all’Ospedale rispondevano appena due invece che prima i tenimenti venduti rispondevano quattro (Ma pervenuto l’Ospedale sotto la commissione centrale delle pie instituzioni, si vide in brev’ora piluccato fino all’osso; colpa le vicende politiche dei tempi più che altro, ed ecco le sette maggiori sue piaghe:)
il decreto imperiale del trentuno di agosto mille ottocento sei, col quale fu dichiarato tolto ai pubblici stabilimenti il diritto di proprietà de capitali e loro frutti dovuti dal banco di San Giovanni di Torino.
La sospensione de pagamenti de censi, livelli, frutti de prestiti dovuti dalla soppresse corporazioni religiose in seguito al possesso che il Demanio prese delle loro sostanze.
Il numero soverchio de malati militari de diversi governi, stati mantenuti e curati nell’ospedale in quegli anni lunghe e grosse guerre, pe quali vennero dati troppo tenui compensi in riguardo alle spese occorse.
L’affluenza straordinaria de trovateli sicché se ne mantenevano negli 1810, 1811, 1812, da settecento il giorno.
La diminuzioni dei frutti dei capitali per lo addietro depositati sul Monte di Santa Teresa e sul banco di Sant’Ambrogio instituiti in Milano e di quelli già dovuti dalla città di Novara e dalla sua provincia stati compresi nella liquidazione del debito pubblico del regno d’Italia, e pagati metà con inscrizione infruttifere.
Il pagamento delle tasse imposte sopra fondi, che prima de rivolgimenti politici né andarono sempre esenti; le quali salivano a ventotto mila lire italiane dell’anno.
L’eccessivo caro delle derrate di prima necessità e segnatamente delle coloniali per uso del farmacia.
Così ne conseguitava che l’Ospedale si indebitasse l’un giorno più dell’altro; e operaj, somministratori, creditori di ogni maniera, perduta la fiducia nel risponsivo dell’instituto pio, formavangli ogni di processi addosso per venire rifatti negli averi, di modo che, pari a suoi malati, esso non sapeva trovar posa, come che si volgesse o si provasse; e a quali vendeva poderi, a quali cedeva diritti; ma mentre in siffatta guisa si sdebitava qualche poco, ne avveniva che inpicciolito il censo, si preparava da se l’abbisso per l’avvenire.
In tali strette la congregazione di Carità, non potendo più ricoverare come per lo addietro tutti i malati ed i trovatelli del dipartimento l’Agogna, vinse del mille ottocento tredici una provvisione, per la quale più non si accogliessero gli infermi provenienti da Comuni non compresi nel circondario della città se non a pagamento, ne si accettassero nei trovatelli i figli di parenti sconosciuti.
A dimostrare in che brutte acque si trovasse l’Ospedale mi cadde assai acconcio il riferire alcuni brani della lettera colla quale il podestà Gautieri faceva eccitamento alla Congregazione di Carità, perché venisse una volta a quella provvisione che fu testè riportata. “Gravi pregjudizj si accumulano sull’asse e patrimonio de poveri: li sovventori, li creditori riclamano con giustizia il pagamento loro dovuto, altri poi sequestrano l’introiti del pio luogo, altri opignarano li fondi, e così l’amministrazione non percepiva li fondi indispensabili al giornaliero consumo; agitata da liti senza ragione di contrastarvi, senza mezzi di compensare le domande, non trova li necessari fondi per provvedere al disimpegno di tante incombenze pretese e reclami”.
E in seguito “se lo stato di sua oberazione (dell’Ospedale) derivata appunto dal ricovero de trovatelli, pazzi ed infermi del dipartimento intiero, lo ha gettato nella infausta presentasse a situazione di non potere in giornata neppure sostenere i suoi più sacri obblighi persisteremo noi a pretendere che egli debba continuare ad aggravarsi di debiti a permettere lo stralcio della sua proprietà per sostenere un peso non suo, che per dare un vantaggio alle altre popolazioni si prepari, si assicuri si consolidi il grave danno a questa di Novara di non potere un giorno e questa epoca non è lontana gioire dei beneficj che ha diritto di reclamare dal Luogo Pio, dagli amministratori dello stesso?”
E avanti ancora:” nello stato presente di minorazione dei redditi netti, ed eccesso di passività, senza il prodotto della vendita di rilevante parte del suo asse non può l’Ospedale far fronte nell’assunto impegno, e così proseguendo noi, vedere ne vediamo certa e prossima la distruzione, mentre se tutto il di lui patrimonio non basta oggi a sostenere le spese cui si è sottoposto, come potrà farlo dopo lo stralcio di cento mila lire di patrimonio, se dopo questo stesso stralcio continuerà nella presentanea erogazione per l’ammissione indeterminata ed indistinta de trovatelli pazzii ed infermi; dopo un anno abbisognerà la vendita di altre proprietà. E così non più di anni venticinque basteranno per dilapidare il patrimonio intiero di questo stabilimento.”
Dopo una spiegazione siffatta credo non giovi estendersi più avanti.