CENNO STORICO
dell’Ospedale della Carità di Novara
capo III
CENNO STORICO
dell’Ospedale della Carità di Novara
capo III
Spedale di San Gottardo
L’Ospedale di San Gottardo era in Novara, vicino a porta Torino, dove de nostri giorni esisteva una chiesa soppressa di quel nome, prospiciente a tramontana, stata atterrata per innalzarvisi il
Palazzo del Mercato,costruito sulle rovine di un antico Ospedale per lebbrosi.
palazzo del mercato. Quell’Ospedale riceveva i lebbrosi: era governato da un chierico secolare, ed antichissimamente da un chierico secolare dell’altare di San Bartolomeo. Non contava meglio di venti fiorini d’oro di camera d’annua rendita .
Spedale di San Colombano.
L’Ospedale di San Colombano era nel sobborgo di San Gaudenzio, ed i frati dell’ordine de Crociferi ne avevano il governo. Eragli annessa una chiesetta, che fu cacciata a terra dagli Spagnuoli l’anno mille seicentoventicinque per farvi le fortificazioni della città. La rendita di quell’ospedale non superava sessanta fiorini d’oro di camera .
Spedale di San Dionigi.
L’Ospedale di San Dionigi era in Novara e penso fosse vicino a Porta Sempione sulla linea delle mura e delle caserme, perocchè, or fanno pochi anni, nell’atterrarsi quelle mura fu scoperta sottoterra una chiesuccia, le cui pareti portavano tuttavia parecchie immagini di San Dionigi che reggeva nella destra il mozzato il capo.
Quell’Ospedale chiamatasi elemosina di San Dionigi; reggevano i monaci, ma non saprei di quale ordine, e ricoverava i poveri. Esisteva prima dell’anno mille trecentoventi, poiché in quell’anno il vescovo Ugoccione fecegli un lascito di lire cento, la rendita non passava i quindici fiorini d’oro .
Spedale di San Giuliano
1250 antica sede Ospedale San Giuliano, accanto al Comune,oggi Vicolo Palazzo Civico
L’ Ospedale di San Giuliano che da principio chiamatasi la regola di San Giuliano era in Novara come oggi dì. Vuolsi che fosse costrutto vicino all’attuale Palazzo del Comune dove di presente avi un albergo di quel nome. Esso esiste da sei secoli. Il ceto de calzolaj lo pretende da essi fondato perché da tempo antico ne sono gli amministratori; ma erronea è quella credenza: dalle carte dell’archivio stesso di San Giuliano si è potuto rilevare che in origine veniva amministrato da tutti gli artigiani e mercadanti della città; le cure e largizione loro ne gettarono le prime fondamenta.
Con la mentovata bolla di Sisto Quarto l’Ospedale di San Giuliano venne aggregato a quello della Carità, ma senza effetto; e non se ne raccoglie bene la ragione. L’anno mille ottocentonove, quando il governo di Napoleone aveva già uniti tutti gli istituti di pubblica beneficenza, la commissione che li amministrava scrivendo al Ministro dell’Interno sulle aggregazioni fatte da Sisto Quarto degli Spedali di Novara, così lo ragguaglia circa quella di San Giuliano: se in tale circostanza l’ospedale di San Giuliano non fù effettivamente incorporato, ciò devesi a null’altro attribuire, che alla mancanza di locale capace allora di contenere uniti assieme tutti li infermi in luoghi salubri, ed alla indifferenza dei successivi Rettori della città. E siffatta ragione potrebbe forse essere menata buona, perché difatti anche gli altri Spedali non furono subito uniti tutti a quello della Carità ma si aspettò per alcuni di essi fino a quando fù compiuta la ricostruzione dello stesso. Del resto in quei tempi di lunghe e continue guerre (e segnatamente nel bel principio del mille cinquecento in queste contrade) il disordine gl’impegni e le cure maggiori che ne conseguitarono per forza potevano aver deviate le menti in modo da non darsi più briga dell’aggregazione fino al dimenticarsene del tutto.
L’annua rendita dell’ospedale di San Giuliano, allorché venne unito da Sisto a quello della Carità non superava i quindici fiorini d’oro di camera.
Antica Amministrazione dell’Ospedale della Carità.
Fu già visto come l’Ospedale della Carità ne suoi antichi tempi fosse amministrato dai frati ed eziandio dalle suore dell’ordine degli Umiliati, e a qual parte il Consiglio Civico ed il Vescovo di Novara pigliassero dell’amministrazione, rimane ora a vedersi come Sisto Quarto avesse stabilito il corpo amministrativo dell’Ospedale colla bolla stessa che gli aggregava le altre pie case. Egli per tanto decretò che concorressero a governare il pio istituto un ministro e quattro rettori, i quali avessero l’età di quarant’anni, che il primo fosse laico, o chierico secolare, o religioso di qualsiasi ordine, e avesse due voti nelle deliberazioni; gli altri quattro fossero nobili cittadini di Novara; che il Consiglio Civico li eleggesse; il Vescovo, od il suo Vicario li confermasse; che il Consiglio Civico prima di eleggere gli amministratori dell’Ospedale giurasse al podestà del Comune, od al suo Vicario, di farsene coscienza col proporre chi meglio fosse ravvisato acconcio al vantaggio dell’instituto pio; non eleggesse individui saputi poveri nè foresi, nè debitori fittajuoli dell’Ospedale. Stabilì che il ministro stesse in carica cinque anni che dei quattro rettori n’escissero due ogni biennio e in loro luogo se ne eleggessero altri due di nuovo, si fattamente che ogni quattro anni venisse a tutti i rettori dato lo scambio, e ogni cinque a tutto il corpo amministrativo; che ministro e rettori giurassero al Vescovo, ed al suo Vicario, prima di entrare in ufficio di governare con rettitudine il censo e le bisogne dell’Ospedale. Prescrisse che il ministro fosse tenuto a risiedere nell’Ospedale stesso, o nelle attigue case, e non potesse uscire dalla città o de borghi, senza che vi assentissero i quattro rettori; che ad esso i consoli del Comune ed i mentovati rettori facessero col danaro dell’Ospedale una provvisione pel vitto, pel vestito e per lo stipendio suo.
Dei quali precetti si ritenne fino a nostri giorni qualche cosa; non però quel vincolo che come venne mostrato in sito il ministro, né il soldo di retribuzione. Si fatto regolamento fu richiesto, anzi preparato dal Consiglio Civico, perché frate Guido Ottino Caccia, che era stato ministro dell’Ospedale per cinquant’anni morì senza aver mai reso i conti della sua amministrazione al Comune e perché non si ravvisava più acconcio che una sola persona disponesse a talento del censo della pio istituto, e che ne fosse ministro a vita siccome era stile; che anzi il Consiglio Civico, morto frate Guido Ottino Caccia, elesse a governare l’Ospedale un ministro (il canonico (Nicolò Morbio) e quattro cittadini Novaresi un po’ prima che la bolla di Sisto avesse stabilito doversi costituire di egual numero il corpo amministrativo del pio istituto un’aggiunta fu poi fatta a regolamento di Sisto il diciassette di luglio mille quattrocento ottantotto da papa Innocenzo Ottavo. Questi, dietro richiesta del ministro e dè rettori dell’Ospedale, ne creò i Conservatori Apostolici, i quali, avevano missione di pigliare il patrocinio del pio istituto contro i gravami, le molestie e i danni che altri gli arrecasse nel censo: (sorta di magistrato ecclesiastico). lavvi pertanto una sentenza dell’anno mille quattrocentonovanta data da Gaudenzio Porta Conservatore Apostolico, che condanna Stefano, Filippo, Giacomo e Francesco fratelli Caccia a rilasciare all’Ospedale una casa del sobborgo di San Stefano.
All’ufficio di Conservatori Apostolici venivano chiamati da quella bolla gli arcipreti di Novara e di Vercelli ed il prevosto di San Gaudenzio. Leone Decimo confermava quell’ufficio, ed Urbano Ottavo conservandolo anch’esso col breve del di vigesimo del marzo mille seicento ventiquattro costituiva Conservatore il penitenziere del Duomo di Novara a prevosto de S.S. Simone e Giuda. Ma come questi fosse stato del corpo de conservatori non si conosce, se pur non era uno di quei tre stabiliti da Innocenzo Ottavo, che avesse eziandio quell’altro titolo; e più probabilmente l’Arciprete di Vercelli.
I conservati Apostolici dell’Ospedale erano tuttavia in ufficio l’anno mille settecento ventisette come rilevasi da un loro editto che riflette coloro i quali occupano beni dell’Ospedale e vi espongono dè trovatelli, ma essi erano il prevosto ed il Penitenziere della Cattedrale di Novara, ed il Prevosto di S. Gaudenzio già fino all’anno mille seicento cinquantasei. Però o sia che la giustizia civile ravvisasse in essi un’usurpazione della sua autorità o meglio, che per l’editto di Carlo Emanuele Terzo dell’anno mille settecento sessantanove, col quale veniva stabilita una congregazione di carità per tutte le pie istituzioni della città e della provincia, fossero stati tacitamente disciolti, più nulla si conosce di què conservati dopo la metà del secolo passato.