
FEUDO DI MARANGANA
Cenno Storico dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara
“Capo Quarto”
Feudo di Marangana
Il nostro concittadino Nicolò Morbio canonico del Duomo e ministro dell’Ospedale donò a questo con in strumento del diciotto di marzo mille quattrocento ottantasei il feudo di Marangana.
Uomo di novizie e di carità Nicolò Morbio aveva già costrutto del suo il monastero di San Girolamo vicino alla nostra città. Quel feudo l’ebbe primamente in dono da Giovanni Galeazzo Maria Sforza Visconti duca di Milano e il suo segretario don Luigi Terzago; e da questo fu venduto a Nicolò Morbio. Il titolo feudale era di Signore. Le ragioni erano quelle del dazio delle biade delle carni, del traverso e dell’imbottato del vino, oltre al diritto di condanne a multe, a confische, a pene.
Quantunque nella notificazione che lo spedale fece del suo feudo il venticinque di giugno mille settecento cinquantatre alla intendenza di Novara, dietro ordini di governo, si fosse scritto non avere l’Ospedale il diritto di nominare gli uffiziali ed altri inservienti alla giustizia e segreterie, per essere detto feudo sottoposto al maggior magistrato, ossia al podestà di Novara, tuttavia l’ospedale eleggeva podestà ed il giudice di Marangana e sotto il governo spagnuolo e sotto il sardo cogli atti seguenti, che giova trascrivere come quelle che spandono qualche luce sui diritti feudali dell’Ospedale.
1633 dodici dicembre
“Il Ministro e Rettori dell’Ospedale della Carità di Novara.”
“Sendo debito nostro il provvedere di podestà conforme al solito nella terra di Marangana feudo di detto ospitale, pertanto informati della sufficienza di Giò. Francesco Inguino per tenore della presenti lo deputiamo per podestà di detta terra di Marangana et sua giurisditione per un biennio che correrà li anni 1634 et 1635, prossimi a venire, dandoli ogni autorità di poter amministrare giustitia in detta terra et sua giurisditione et sudditi di detto luogo, tutte le cause civili, criminali et miste, con facoltà di deputar ancho, sendo il bisogno un luogotenente in detta terra in modo che detto Inguino goda di tutte le facoltà et preeminenze solite e di tutte le facoltà, salarii, onori, carichi, onoranze, prerogative, comodi et emolumenti spettanti a detto uffitio e soliti godersi da suoi antecessori in detto uffitio.
Comandiamo di più con questa nostra deputatione a tutti gli abitanti in detta terra di Marangana et sua giurisditione che prestino al detto Inguino quella stessa obbedienza et reverenza come a noi medemi e gli somministrino li soliti emolumenti, salari et honori et preeminenze di sopra date durando detto uffitio per quanto stimano la gratia nostra e sotto le pene contenute negli ordini sopra di ciò disponenti .”
1773 – 25 dicembre
Don Giusepe Girolamo Tornielli
Ministro del Venerando Spedale Maggiore della Carità della città di Novara.
“Dovendosi provvedere al luogo dè Marangana provincia di Novara Feudo di questo V. spedale, d’una persona capace ad esercire in quello la carica di Giudice per la pronta amministrazione della Giustizia, ed informati delle qualità, prerogative e buone parti, che concorrono nel signor Dott. Girolamo Bersetti del borgo di Biandrate, quello per ciò abbiamo eletto e nominato, come eleggiamo e nominiamo, il Giudice di detto luogo di Marangana, e sua Giurisdizione per il triennio 1774, 1775 e 1776 a mente delle Rege Costituzione con le opportune autorità, facoltà, e diritti ed emolumenti a tal ufficio annessi, e dà sudditi d’esso Luogo soliti conferirsi alli Giudici. Mandando alla Comunità ed uomini di detto feudo di Marangana, e sua Pertinenza di dover quello per tale ricevere, riconoscere e rispettare. In fede di che abbiamo spedita la presente di nostra mano firmata e col sigillo di questo Spedale munita. dat. Novara e dallo Spedale Maggiore li 25 settembre 1773.
“GIUSEPPE GIROLAMO TORNIELLI Ministro.
D. Filippo Curti Proc. Segr.”
L’Ospedale Maggiore della Carità si fece sempre riconoscere per signore del feudo di Marangana da ogni nuovo nostro principe, e gli giurava fedeltà. In ultimo venne riconosciuto da Carlo Emanuele Terzo.
Allorquando, sulla fine del passato secolo, venne dalla repubblica francese rovesciato il regime sardo, il governo provvisorio con decreto del dodici ventoso, anno settimo (2) marzo 1799, soppresse tutti i diritti feudali; i quali erano già stati in parte aboliti dal Re di Sardegna. Quel decreto prescriveva che i feudatari fossero tenuti a rimettere tra due mesi dalla pubblicazione di esso, alla municipalità de luoghi a quali appartenevano, i titoli costitutivi de feudi e le loro investiture per essere abbracciati in presenza della municipalità e del popolo entro tre mesi; pena mille cinquecento lire e tre mesi di carcere a coloro che avessero nascosto, sottratto, o non consegnato i titoli richiesti. Tuttavia l’Ospedale conservò i suoi documenti feudali, o sia che per disordine del suo archivio non si fossero potuti rinvenire, o sia che, difente nel ritorno del caduto governo, sperasse colla scorta di essi di venire rimesso nè suoi antichi diritti.
Stiamo poi, che colle ragioni di quel feudo sia pervenuto all’Ospedale il giuspadronato che conserva tuttavia della chiesa di Marangana sacra a San Bartolomeo, che dal vescovo Balbis Bertone fu fatta parrocchiale di quel territorio, il quale dipendeva prima dalla parrocchia di Mosezzo.
Atterramento dell’antico Spedale posto nel sobborgo di Sant’ Agabio e sua ricostruzione in Novara.
Il governo di Spagna, messe in Italia le radici per nostra disgrazia prese a cingere di mura i diversi punti da esso occupatavi, perché il bel paese non gli sfuggisse in què tempi di tante politiche vicende, e così volle fortificare anche Novara per sue buone ragioni, ponendone la spesa a carico del Comune, de commercianti e del clero.
La linea delle fortificazioni dovendosi estendere buona tratta di la dalla città fino ad occuparne intieramente i sobborghi, che vennero quindi distrutti, si cacciò a terra l’Ospedale con le sue chiesette e con le case de suoi massari. Se ne incominciò l’atterramento l’anno mille seicento venticinque e parte ne fu lasciata in piedi fino a l’anno mille seicento quarantatre o quarantaquattro. A rifare del danno il pio Instituto il governo spagnuolo gli assegnò sul dazio delle pelli verdi la somma di quarantadue mila e cinquecento trentatrè lire imperiali.
Il Corpo amministrativo dell’Ospedale però aveva chiesto un’altra maniera di compenso esso amoreggiava il titolo di conte; e lo chiedeva al Re di Spagna insieme ai feudi delle torre di Proh, Pagliate, Lumellogno, Moncucco, Montarsello, Buzzoletto, Calzavacca, Arnola, Cascine d’Enea, Cascina Rinalda, Solarolo, Vallazza, Codemonte, Zottico, Torrione Balducco, Motta, Visconta, Ristorfa, Vallera e Camiano ed ai relativi dazi di pane vino e carne .Era vizio del secolo ed eredità spagniuola frega di titoli e blasoni fu fortuna dell’Istituto che il Re di Spagna non abbia fatto buon viso della richiesta dell’amministrazione perché a questa ora aboliti i feudi l’Ospedale non avrebbe che qualche diploma tarlato ed il titolo di conte, che niente gioverebbe agli infelici pei quali è aperto.
Venne pertanto ricostrutto dentro della città l’Ospedale ove di presente sussiste secondo il disegno dell’architetto Soliva.
Si pose la prima pietra dell’ attuale Ospedale.
Il venticinque di luglio mille seicento ventotto se ne pose la prima pietra colla scritta sepolta nelle fondamenta: Ad honorem Sanctis Michoelis Arcangeli + Bartolomeus-Cattaneus I.C. Minister, Petrus Leonardus, Georgius Nibbius,Petrus Franciscus Buzius et Franciscua Tsta Rctores posuerunt 1628 die 25 julii
Dell’anno mille seicento trentotto la nuova costruzione debb’essere stata tutta compiuta,perché trovasi che,rimastane tanta calce,fu venduta per riattare le mura di Vercelli arresasi poco prima per ordine del Marchese di Leganes governatore dello Stato di Milano.
E dopo la metà del secolo scorso si estese la fabbrica dell’Ospedale dietro disegno dell’architetto Francesco Martinez.
Dell’altro braccio di quell’edificio, architettato l’anno mille ottocento ventitre dal Barone Stefano Melchioni pel ricovero de trovatelli,non occorre far parola,perché cosa recente a tutti nota.